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L'omicidio di Angelo Vassallo, sindaco di Pollica

Perché è stato ucciso il sindaco Angelo Vassallo. La scoperta del traffico di droga e i depistaggi

Il sindaco di Pollica è stato ucciso il 6 settembre, poche ore prima di denunciare un traffico di stupefacenti. Il colonnello Cagnazzo avrebbe depistato le indagini.
A cura di Nico Falco
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Il sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, aveva scoperto un giro di stupefacenti riconducibile ad un gruppo di camorra, aveva scoperto anche quali insospettabili erano coinvolti e aveva intenzione di denunciare tutto; non è riuscito a farlo soltanto perché, poche ore prima di incontrare il comandante dei carabinieri di cui si fidava, è stato ammazzato. È questa la ricostruzione degli inquirenti che, a 14 anni dall'omicidio, ha portato in manette quattro indagati: il colonnello Fabio Cagnazzo, l'ex carabiniere (all'epoca in servizio) Lazzaro Cioffi, l'imprenditore Giuseppe Cipriano e Romolo Ridosso, collaboratore di giustizia e figlio del boss del clan omonimo attivo a Scafati (Salerno).

Il giro di droga degli insospettabili ad Acciaroli

Il movente viene indicato nelle oltre 400 pagine dell'ordinanza eseguita oggi, 7 novembre, dai carabinieri del Ros e che ha portato l'ufficiale dell'Arma nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta). Il provvedimento, firmato dal gip Annamaria Ferraiolo, vengono ricostruite le ultime ore del sindaco Vassallo, ucciso la sera del 5 settembre 2010 mentre tornava a casa dalla piazza di Pollica. Il giorno successivo avrebbe incontrato il maggiore dei carabinieri che gli era stato indicato dall'amico Adolfo Greco, in quel periodo procuratore a Vallo della Lucania.

Vassallo, ricostruiscono gli inquirenti, da un paio di settimane appariva molto nervoso e impaurito. Si era confidato con diverse persone, senza però mai fare nomi: aveva parlato di un grosso giro di stupefacenti da lui scoperto ad Acciaroli e che coinvolgeva anche insospettabili del posto.

Il 22 agosto 2010 Vassallo aveva effettuato in prima persona, insieme a due agenti della Municipale, dei pattugliamenti nell'area del porto alla ricerca di spacciatori. Il 24 aveva parlato al telefono con Greco, dicendogli di avere scoperto che delle persone a lui ignote, "forse di Salerno", nelle ore serali si avvicinavano alla banchina con un gommone e consegnavano degli stupefacenti; aveva aggiunto di essere pronto a denunciare, ma che lo avrebbe fatto soltanto a carabinieri di fiducia del Procuratore.

L'omicidio poche ore prima dell'incontro

Il giorno successivo, dopo una ulteriore telefonata in cui veniva informato del fatto che lo spaccio continuava, Greco aveva contattato il comandante della Compagnia di Agropoli e un maresciallo e li aveva invitati a prendere contatti con Vassallo. Il comandante, dopo aver parlato col procuratore, aveva avvisato il comandante provinciale, anche in considerazione della "incompetenza territoriale": il sindaco non si fidava dei carabinieri di Vallo della Lucania, che riteneva disinteressati al fenomeno, e quindi le indagini sarebbero state svolte a Pollica dalla Compagnia di Agropoli.

Il militare e il sindaco si erano sentiti il 25 agosto, fissando l'appuntamento per il giorno successivo ma, a seguito di una rapina in banca e quindi della necessità dei carabinieri di intervenire, l'incontro era stato rimandato al 6 settembre. Vassallo avrebbe tenuto il massimo riserbo sull'appuntamento programmato e sulla data, lo avrebbe detto soltanto a un'agente della Municipale di Pollica.

La sera del 5 settembre diverse persone avevano incontrato Vassallo nei pressi di un bar del porto di Acciaroli; le loro dichiarazioni agli inquirenti convergono sul fatto che il sindaco si sarebbe allontanato, per tornare a casa, intorno alle 21.10. Il corpo era stato rinvenuto dal fratello all'1.47 del 6 settembre, in via Serre, nell'automobile ferma sul lato della strada.

Secondo gli inquirenti il sindaco aveva accostato per parlare con una persona (tutti i finestrini erano chiusi tranne quello del lato guidatore) che poi gli aveva sparato diversi colpi. L'orario dell'omicidio sarebbe databile alle 21.12: Vassallo aveva nella mano destra il telefono cellulare, probabilmente stava guardando lo schermo e a quell'ora risale l'ultima telefonata, a cui non aveva risposto, da parte di una collaboratrice. I successivi esami hanno appurato che erano stati esplosi nove proiettili e che l'arma utilizzata era una Tanfoglio GT21 o una Sab G90.

Le accuse di depistaggio al colonnello Cagnazzo

Il colonnello Fabio Cagnazzo sarebbe stato a conoscenza di quell'incontro programmato e mai avvenuto ma non lo ha riferito agli inquirenti. Secondo l'accusa l'ufficiale dell'Arma, che ha sempre respinto qualsiasi addebito, avrebbe favorito l'organizzazione criminale dietro il traffico di droga, il clan Cesarano di Pompei Scafati. E avrebbe assicurato il depistaggio delle indagini agli altri tre indagati, Giuseppe Cipriano, Romolo Ridosso e Lazzaro Cioffi (destinatari con Cagnazzo della misura eseguita oggi), che avrebbero preso parte alla ideazione, alla pianificazione e alla organizzazione dell'omicidio.

Prima Cioffi, poi Ridosso e Cipriano si sarebbero occupati dei sopralluoghi preliminari, assicurandosi che sul posto non ci fossero telecamere di sorveglianza. Successivamente Cagnazzo, "come concordato in precedenza, depistava effettivamente le indagini condotte dalla Procura di Salerno" spingendo gli inquirenti verso una falsa pista, ovvero quella del litigio di Vassallo con Bruno Humberto Damiani e Roberto Vassallo (non imparentato, ndr) per questioni di spaccio di stupefacenti.

Dopo l'omicidio, è emerso dagli accertamenti del Ros, avrebbe inoltre diffuso false notizie su Damiani, sostenendo che fosse risultato positivo all'esame dello stub, ovvero quello che viene effettuato per trovare tracce di polvere da sparo e quindi stabilire se la persona ha usato armi da fuoco.

Inoltre l'ufficiale avrebbe sostenuto che Damiani aveva anche pedinato Vassallo nei pressi del porto di Acciaroli. Altra falsa notizia, sempre diffusa dal colonnello per depistare le indagini e relativa al coinvolgimento del brasiliano, riguardava l'esistenza di un "gruppo Damiani", che trasportava stupefacenti nella cittadina utilizzando un gommone.

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